mercoledì 10 dicembre 2014

SCRIVERE: narrazione ma anche sapere quando è il momento di dare un senso alle cose


Ciao a tutti,

ammetto di non possedere il sacro fuoco della cronaca tipico del giornalista, né la reattività di chi è sempre sul pezzo com’è prerogativa di alcuni blogger, ma non ritengo che vi sia una e una sola regola soprattutto quando ci si riferisce al blog personale. Magari le mie scelte non sono tra le più produttive, ma preferisco essere onesto e includermi tra chi non è portato a scrivere di un evento in modo immediato…sperando di non fare categoria da solo!
Quando le manifestazioni volgono al termine, l’effetto dato dall’adrenalina e delle altre endorfine preferisco godermelo ripensando a ciò che ho visto e sentito, magari scrivendo qualcosa sui profili social, ma senza avere l’esigenza di inchiodarmi al PC durante il viaggio di ritorno, la sera stessa andando a dormire tardi o, al massimo entro le 48h successive.
A dimostrazione di quanto dico viene proprio questo post, riguardo al quale posso serenamente dire che la decisione di scrivere sulla mia partecipazione a #NarrAbility, IV Edizione del Convegno Nazionale di Storytelling (svoltosi il 28 Novembre scorso a Milano), è stato un processo spontaneo in cui tutto ciò che ho vissuto si è sedimentato e ha lavorato dentro di me sino a quando ho “percepito” che era arrivato il momento di condividerlo.

Riguardo a cosa sto facendo, il mio non sentirmi in ritardo “trova le sue radici” ideali nelle parole con cui, quell’esatto venerdì di qualche settimana fa Diana Bertoldi ha dato la sua personale descrizione di cosa voglia dire essere Storyteller o, se preferite, fare Storytelling:
“…riuscire ad ascoltare la pancia per portare avanti le proprie azioni, sinceri e puri.
Questa è l’alchimia necessaria affinché le storie riescano ad affiorare e si possa essere sicuri
di quanto ciò che emerge sia adatto per farlo in quell’istante.”                                                                          
Ma non è tutto qui. Mi sento anche giustificato (forse troppo…) nell’aver fuggito le imposizioni della mia razionalità, quel frutto dell’evoluzione che un po’ tutti dobbiamo imparare a gestire, che mi voleva vedere subito a capo chino su questo pezzo per averlo finito entro l’1 dicembre. Come sia stato possibile evitarlo? Per spiegare anche questo faccio ancora appello alle parole di Diana la quale, percorrendo il palco su e giù a piedi nudi, ha suggerito come fare per capire se ciò che esce dalla nostra bocca o finisce su un foglio sia autentico o, piuttosto, il frutto di un pensiero:
“…immediata, sicura ed emotivamente neutra è l’intuizione.
Per questo è destinata a sparire e dentro di noi non ne rimane l’impronta.
Se, invece, ne abbiamo traccia siamo di fronte a qualcosa di non autentico,
bensì frutto di elaborazione razionale.”

D’altronde, nel suo introdurre l’evento, anche Alessandra Cosso ha spiegato come sia centrale comunicare in modo autentico per descrivere luoghi in cui si è stati e le persone incontrate:
“la scelta di narrare una storia quanto quella di riferire un fatto di cronaca
diventa tale quando si utilizzano degli strumenti in grado di riportare al centro l’essere umano
Ed è proprio come descritto da quest’ultimo pensiero che mi sono sentito questa mattina nel prendere la decisione di scrivere questo post. Come lei stessa ha ribadito nel successivo intervento, mi sono sentito, anche solo in parte, come un “animale narrante abitato da Mondi Narrativi”. Seguendo la formula citata da Martino Gozzi: ho messo il sedere sulla sedia, niente Internet o telefono e via a collegare segnali e significati presenti nella mia coscienza / memoria dell’evento per creare dei nodi narrativi e, da essi, la storia che questo post rappresenta.
E allora, fedele a quanto appena detto come Penelope lo fu nell’attendere Ulisse, proseguo nella tessitura del mio racconto del convegno passando a parlare di quelli che sono gli attuali principi attorno a cui ruota e s’ispira la narrazione oggi.
Dopo due donne e un uomo non poteva che essere invocata la parità, e con nessun altro se non con Andrea Fontana, l’anima dello Storytelling made in Italy poteva essere ristabilita. Lui ha scelto l’escamotage quanto mai fanciullesco dello Scarabeo, gioco con cui tutti siamo cresciuti, la parola Narrability è diventata la traccia principale di una storia, l’anima di un racconto che nel resto della giornata avrebbe toccato arti, mestieri e territori tra i più disparati.   
Premessa (fatta dallo stesso Andrea e che sottoscrivo nonostante debba tutelare, da copywriter, la lingua italiana): la scelta del termine inglese è frutto del fatto che le due possibili traduzioni, raccontabilità e narrabilità, non riescono a restituire né il concetto di competenza nel creare delle storie né il bisogno primordiale di raccontarle da cui tutto ha origine, come abbiamo visto prima.
Venendo al dunque, a ogni lettera che compone il titolo della manifestazione, Andrea ha affiancato una parola e specificato una prerogativa di cui la capacità narrativa non doveva assolutamente essere sprovvista. Io, per completare il mio racconto ho scelto di affiancare, quando era il caso, interventi e relatori che risultassero esemplificativi in tal senso.

come Now:
ciò che raccontiamo risulta sempre un qualcosa che ha profondi legami con il momento che si sta vivendo a tal punto da sembrare una rappresentazione in streaming del nostro pensiero e delle nostre emozioni:
Lorenzo Gangarossa, Progetto Italy in a Day il primo social movie nato dal montaggio di più di 2000 ore di girato che rappresenta che cosa accade nelle 24h di una giornata;  
come Ability:
una volta che si ha una confidenza con le narrazioni, percorso che richiede molta sperimentazione e ascolto, ci si può mettere al servizio della collettività o dell’impresa per collaborare insieme alla costruzione di una storia o al recupero di valori importanti:
Massimo Benedetti, Strada del Riso Vercellese di Qualità; percorso di educazione alla narrazione come veicolo di informazioni sul proprio territorio per sentirsene custodi e ambasciatori;
come Role:
ciascuno di noi, solo nel momento in cui fa una scelta consapevole di condivisione, ha un ruolo all’interno di una narrazione e, grazie a essa, fa emergere la propria identità e le sue dinamiche relazionali:
Alessandra Cosso, L’esplorazione della realtà mediante le fiabe, si tratta di strumenti utilizzabili nei percorsi di coaching, di counseling e di medicina narrativa (che vedremo meglio in seguito) volti a far emergere gli immaginari delle persone e le problematiche sia emotive sia relazionali che stanno vivendo;
come Row:
qualsiasi tipo di narrazione si stia portando avanti, è imprescindibile decidere una sequenza agli eventi. Quest’aspetto sarà comunque e sempre influenzato dal nostro punto di vista per cui sia di ciò che ci riguarda sia di ciò che riguarda gli altri potranno nascere prospettive diverse che contribuiscono alla formazione di un pensiero collettivo:
Martino Gozzi, Montaggio ed Esperienza - Lo Storytelling in 9 scene memorabili, narrazione vuol dire ispirazione ma anche disciplina senza la quale mettere insieme gli elementi per dare origine a una storia di senso compiuto non sarebbe così facile;
come Anywhere:
qualsiasi luogo può diventare oggetto della narrazione, non soltanto una persona, perché si può sempre entrare in contatto con qualcosa che non appartiene al presente (non-luogo) ma ha dei contorni bene definiti perché comunque ha avuto una collocazione fisica e dei protagonisti. Specialmente nella narrazione del territorio, se la narrazione è ben costruita, il non-luogo può addirittura tornare a vivere:
Manuele Cecconello e Francesca Conti, Storie di Lana, programma di innovazione sociale che ha permesso la promozione della cultura del territorio per favorire il turismo e valorizzarne i prodotti, attraverso la condivisione di un patrimonio che sarebbe rimasto di pochi;
come Beauty:
la storia, per quanto debba rimanere strettamente legata al proprio contenuto e al suo carattere positivo / negativo, non deve essere priva di tratti suggestivi senza i quali non potrebbe definirsi una vera e propria storia;
come Illness:
come è successo nei primi stadi evolutivi del genere umano, il bisogno di raccontare nasce dalla necessità di esternare la propria insicurezza. Funziona come una richiesta più o meno velata di aiuto e di supporto di fronte a ciò che ci accade nella vita o intorno. Si può trattare di vicende che hanno bisogno di una soluzione o meno, ma per le quali la condivisione di ciò di cui si è avuto esperienza è già una risposta di per sé:
Micaela Castiglioni, Medicina Narrativa, ovvero che cosa c’entrano i medici con le storie?  In certe situazioni, i problemi di salute possono far sperimentare all’individuo un’incertezza radicale e fatica a ritrovare un senso per la propria vita. Spesso si aggiunge l’atteggiamento del curante che non si prende correttamente carico di chi soffre facendolo  diventare il luogo e non l’agente narrante della malattia (un mero progetto medico). Il medico o l’infermiere che ha a che fare con le storie cosa deve fare? Ascoltare le biografie ma anche prendersi il tempo di appuntarsele. Senza prendere coscienza delle sfumature antropologiche della malattia non riuscirà a comprenderla in pieno,  rappresentarla al paziente e accompagnarlo nel percorso di cura;
come Loyalty:
fedeltà e rispetto del soggetto di cui si parla sono un atto dovuto nei confronti del pubblico, altrimenti viene meno in modo automatico ed evidente lo scopo di creare coscienza e consapevolezza sull’oggetto della narrazione;
come Image:
sia per dare quel carattere suggestivo di cui si parlava prima, sia per permettere una rappresentazione migliore, la storia deve riportare scenari reali per poi crearne di alternativi servendosi di immagini, metafore, etc.;
T come Time:
si tratta del fattore dominante attorno cui ruota il successo della storia. Riuscendo a coinvolgere me stesso, sono nelle condizioni di poter gestire il ritmo della narrazione e valorizzare il contesto in cui vado a calare la storia dandone differenti prospettive spazio-temporali;
come You:
il mio centro di gravità quando mi confronto con la necessità di far emergere la vicenda di qualcuno o di un luogo attraverso un racconto, deve essere sempre l’altro poiché dovrà essere lui a beneficiare di ciò che andrò a illustrare.
Alcune presentazioni sono rimaste fuori, ma a essere sincero nemmeno gli appunti sono potuti venire in soccorso perché rimangono troppo lontane dal fil rouge che ha ispirato questo post.
A questo punto non mi rimane che invitarvi a tenere sotto osservazione il sito web dell’Osservatorio di Storytelling per trovare foto e altri estratti della giornata che vi aiutino a capire meglio il profumo di storie che si respirava quel giorno e augurarvi di poter prendere parte a eventi tanto intensi ed appaganti.


Andrea

lunedì 17 novembre 2014

Il pensiero e la parola possono far ammalare, dare sollievo se non addirittura guarire!


Cari amici,

oggi ho avuto il piacere di leggere un'intensa e coinvolgente intervista fatta al Prof. Enzo Soresi, dalla quale ho avuto un'ulteriore conferma di quali siano e quanto affascinanti possano essere i meccanismi che permettono a parole e suggestioni di avere un potere terapeutico.

Per spiegarvi brevemente chi lui sia come persona e per rendere l'idea delle idee che porta avanti, preferisco affiancare all'inevitabile lista di qualifiche accademiche e professionali, le sue stesse parole.

Nella realtà, siamo di fronte ad un tisiologo, anatomopatologo e oncologo, primario emerito di pneumologia al Niguarda di Milano, ma questa non è che solo una parte di un uomo che, dentro di sé, "Si considera un tuttologo, al massimo un buon internista, che ha scoperto l’importanza della neurobiologia studiando il microcitoma" (un tumore polmonare di a componente neuroendocrina).

Dalle parole dell'articolo che vi consiglio di leggere, sebbene riporti numerosi approfondimenti scientifici (solo in apparenza di difficile comprensione), l'aspetto veramente interessante che emerge, è stata l'immensa curiosità che ha spinto questa persona a osservare, sperimentare e imparare in modo costante, durante l'esercizio quotidiano della professione così come quando ha smesso di frequentare ambulatori ed ospedali. 

Prova ne é il suo essere profondamente convinto che: «[...] la medicina non è una vera scienza. Tuttalpiù una scienza in progress»

Nei dieci anni di intenso e insaziabile studio cui si è dedicato da quando ha terminato di esercitare, la sua missione è stata quella di comprendere le ragioni per cui il cervello possa avere un ruolo efficace sull'innesco, attenuazione o soppressione delle patologie. 

Al contrario di quella che è la tendenza della medicina moderna, la quale tende ad analizzare in modo separato i malfunzionamenti del nostro organismo perdendone la visione d'insieme, Soresi propende, infatti, per un'ipotesi che vede la nostra salute dipendere da un network formato da sistema endocrino, sistema immunitario e sistema nervoso centrale. 

Non a caso, la strada che personaggi come lui stanno percorrendo da anni, è quella di un ritorno alla medicina integrata, una delle cui ultime sfide «si chiama Pnei, psiconeuroendocrinoimmunologia, una nuova grande scienza, trascurata dalla medicina perché nessuno è in grado di quantificare quanti neurotrasmettitori vengano liberati da un’emozione.»

Come dice lui stesso, il sistema immunitario «...ci difende e ci organizza la vita. Di più: ci tollera.» la cellula che può essere presa a riferimento del suo coinvolgimento su più livelli «...è il linfocita, un particolare tipo di globulo bianco che risponde agli attacchi dei virus creando anticorpi. [...]», ma che è in grado di «...produrre ormoni cerebrali.» in seguito agli shock emotivi a cui ci riferivamo prima.

Per capire quale sia il legame tra emozione e rilascio di neurotrasmettitori ed ormoni senza addentrarsi in questioni troppo scientifiche, basta tenere conto di una sostanziale differenza che esiste tra il grado di sviluppo del cervello e quello degli altri organi o apparati al momento della nascita.

Infatti, ci stiamo riferendo ad un organo che non risulta completamente definito e vede il termine di questo processo solo con il raggiungimento dei terzo anno d'età. 

Il meccanismo prevede, nella pratica, un processo di selezione naturale delle cellule che lo andranno a comporre, ma, aspetto sicuramente di maggior interesse nell'ottica del nostro discorso, è stata la scoperta una strettissima correlazione tra ciò e i forti condizionamenti che possono venire dall'ambiente esterno, inclusi anche i genitori.

Un discorso simile, solo in quanto a tempi e modi si sviluppo però, vale per le nostre difese immunitarie che vedono una prima fase di acquisizioen della competenza che inizia a livello della vita intrauterina, per poi completarsi quando l'individuo entra a contatto con il mondo esterno. 

L'attività che lo accomuna e unisce al cervello nel decretare il potenziale e la capacità di reagire nelle situazioni critiche, è la secrezione da parte di entrambi delle molecole segnale per definizione: le citochine (4 interferoni che aiutano le cellule a resistere agli attacchi di virus, batteri, tumori e parassiti, e 39 interleuchine, ognuna con una funzione specifica)

Non c'è quindi da stupirsi se Ippocrate aveva già definito il cervello come una ghiandola "mammaria" poiché affianca altri ruoli oltre a quella endocrina che lo vede produrre, di default, i neurotrasmettitori cerebrali serotonina, dopamina e le endorfine

Semplificando un po', «se sono allegro e creativo libero citochine che mi fanno bene, se sono arrabbiato e abulico mi bombardo di citochine infiamamtorie» che creano dei danni gratuiti all'organismo. Ecco il motivo per cui un approccio alla cura che comprenda l'ascolto delle emozioni del paziente o voglia anche solo spendere del tempo per comprenderne la sensibiltà, avrà nelle emozioni positive che saprà dargli un potente alleato per farlo stare meglio.



Nel caso vogliate ascoltare direttamente dalle parole del Dott. Soresi ulteriori approfondimenti rigurado alle quastioni e ai meccanismi scientifici di cui ho parlato nel post vi invito a guardare il video e a comprare due dei testi da lui scritti di recente:
Il cervello anarchico, 2013, UTET; di Enzo Soresi (con prefazione di umberto Galimberti) 
Guarire con la nuova medicina integrata, 2012, Sperling & Kupfer; di Enzo Soresi, Pierangelo Garzia e Edoardo Rosati 

Andrea

domenica 19 ottobre 2014

Presentazione del libro Scriverne fa bene. Milano, 25 Ottobre 2014

Cari amici,

in alcuni post di questo blog oppure all'interno della pagina dedicata a Medicina Narrativa e Storytelling che curo sulla piattaforma Scoop.it, ho dato ampio spazio al tema del Blog quale strumento di terapia per le persone che vivono su di sé una malattia, o sono a stretto contatto con chi ne soffre.

Prima dell'estate, periodo in cui la tematica della narrazione come strumento di cura è tornata alla ribalta, avevo pubblicato una serie di video trovati sul sito di Repubblica (partner di uno dei più grandi e prolifici progetti di Medicina Narrativa che si sono svolti in Italia, Viverla Tutta).

In uno di questi, una donna parlava brevemente di sé e di come fosse nata la decisione di condividere la propria storia di paziente e quali emozioni avessero contraddistinto il lungo e difficoltoso percorso di cura.


La persona in questione era Giorgia Biasini, autrice del libro "SCRIVERNE FA BENE. Narrare la malattia, curarsi con un blog" di cui vedete la copertina qui di seguito:

Sono particolarmente felice di annunciare che la settimana prossima vi sarà una presentazione di questo testo che vedrà la presenza della stessa Giorgia Biasini e della giornalista Silvia Rossi studiosa di letteratura, scrittura auto-biografica e medicina narrativa

L'incontro avverrà il 25 ottobre prossimo a Milano, presso la Biblioteca Parco Sempione.

L'orario di inizio è fissato per le 16 e l'ingresso libero sino ad esaurimento posti, motivo per cui vi invito a prenotare, se interessati.

Ci tengo molto a ricordare quanto sia stato importante nel percorso di genesi di questo libro il lavoro svolto da uno tra i più famosi metablog di Blog-terapia: Oltreilcancro.it il quale, come recita il paragrafo che ne spiega la ragione d'esistere, è

"un progetto nato per condividere storie e vite di persone che hanno dovuto, o devono, affrontare il cancro e hanno deciso di raccontare la propria esperienza in un blog, scoprendo che parlarne, scriverne è di grandissimo aiuto.

E' in luoghi di incontro e condivisone come questi che nasce la forza di continuare a lottare e, soprattutto, restituire quel senso che la malattia sembrava aver strappato alla vita di ognuna di queste persone.

Qui di seguito i file PDF dell'invito e della locandina relativi all'evento:

INVITO:
https://drive.google.com/file/d/0B_VQtvOGpjhlblZnQ2g4TFdkX1hTNGQ0SEZ0UnlxLS1Pd3ln/view?usp=sharing

LOCANDINA:
https://drive.google.com/file/d/0B_VQtvOGpjhlQXU4blRDLVpxZ2gxbTBuTnlDcng3N2hKZzFz/view?usp=sharing

A presto,

Andrea

mercoledì 1 ottobre 2014

Volevo segnalare una bellissima puntata della trasmissione Pane Quotidiano che Concita De Gregorio conduce ogni giorno su RaiTre.

Con mia grande sorpresa, infatti, è stata interamente dedicata alla medicina narrativa.

La conduttrice ha scelto di affrontarlo intervistando il cardiologo Alfredo Zuppiroli in occasione dell'uscita del suo libro sul tema.

Qui di seguito il link sicuro che il contenuto dell'intervista e il confronto con i ragazzi di un liceo intervenuti in studio, siano più esplicativi di qualunque mia considerazione in merito:

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-1db46cb2-299e-4f63-aa7a-a9ea8d054b20.html

Buona visione.

Andrea

domenica 6 luglio 2014

Come la condivisione scritta delle proprie difficoltà a diventare madre diventa video di sensibilizzazione sul tema!



Fuzzy Project è impegnato sul campo all'interno di un progetto di  Medicina Narrativa che sta studiando ed analizzando le narrazioni delle mamme che prendono parte ai corsi pre- e post-parto.

Leggendo i diari di queste donne, abbiamo la fortuna di poterci confrontare con le emozioni positive e negative che la gravidanza ha suscitato in loro e con il ruolo importante della parola scritta (e l'uso di metafore che essa ti permette) nell'esserne veicolo.

Quando, purtroppo, si ha a che fare con il lato oscuro della mente e con le paure / sensazioni negative che esso genera, è sempre molto importante per la donna poter esternare come si sente confidandosi o scrivendone.

Gli episodi depressivi di cui possono essere vittime le donne vengono superati, di norma, grazie all'aiuto di parenti, dottori e della voglia della madre di capire che cosa non stia andando bene nella propria vita.
Il risultato migliore, confermato anche dalla nostra esperienza sul campo, viene raggiunto attraverso la scrittura. Una lettera, un diario, una poesia, qualunque cosa che risultano essere elementi in grado di mettere la parola fine al disagio facendogli, per così dire, prendere forma e dimora al di fuori del corpo e della psiche della donna.

Il link qui di seguito porta al canale Youtube del Centro Pshiche Donna che, a mio parere, ha svolto un lavoro molto importante quando ha ricevuto le lettere di alcune donne che avevano, per l'appunto, sentito il bisogno di comunicare all'esterno le proprie angoscie e difficoltà ad andare avanti nelle prime fasi della maternità:

https://www.youtube.com/channel/UCJFuudZ1kVgWcPREX_x1-NA

Da qui la brillante intuizione del Centro di realizzare dei video nella speranza che questo tipo di comunicazione molto più rapida, amichevole e intuitiva possa agire sia in forma preventiva sia come struemnto per le donne in difficoltà come appiglio per uscire dall'isolamento e rivolgersi a qualcuno per essere aiutate.

Che cosa ne pensate?

E...non dimenticate...se ciò che leggete su questo Blog vi interessa...Keep following!!!

domenica 15 giugno 2014

Medicina narrativa, le persone protagoniste del percorso di cura





Buongiorno a tutti,



questo mese di giugno si spera si riveli uno spartiacque nella vicenda spesso complessa che ha riguardato sia la comprensione di cosa fosse la Medicina Narrativa, sia le sue possibilità di applicazione e integrazione nei contesti di cura.



Il seguente articolo, che vi invito a leggere, testimonia quanto avvenuto nella scorsa settimana quando l'Istituto Superiore di Sanità ha organizzato una Consensus Conference sull'argomento con lo scopo di gettare le basi verso l'elaborazione di linee guida condivise:



PHARMASTAR :: Medicina narrativa, le persone protagoniste del percorso di cura



Porre le basi scientifiche per un uso delle narrazioni in medicina è, infatti, un passo essenziale da fare per consentire a chiunque si avvicini a questa disciplina di avere una bussola che la aiuti ad orientarsi.



Il bacino di esperienze a cui si attingerà sarà principalmente quello del progetto Viverla Tutta che l'ASL10 di Firenze ha ideato e realizzato (nelle sue varie fasi tra cui ricordiamo i laboratori NaMe) insieme a Fondazione ISTUD, lo stesso Istituto Superiore di Sanità, l'istituto Mario Negri e Pfizer Italia.



Il compito è arduo come sostiene la Dr.ssa Taruscio dell'ISS, ma raggiungerlo con la massima pluralità di voci, contribuirà al miglioramento della qualità delle cure e della vita dei pazienti.

mercoledì 11 giugno 2014

Il mio nuovo articolo per Trenta3mag.

Questa volta si parla di Storytelling, ma non crediate che con questo argomento io mi voglia allontanare da quanto ho seminato sin qui...tutt'altro!!

Leggendo vi accorgerete come il contesto e gli attori sono pur sempre alcuni tra quelli che giocano un ruolo importante nel panorama salute.

Non facciamo quindi troppo i precisini e cerchiamo di rimanere focalizzati sugli aspetti centrali del nostro agire...la marrazione e la condivisione del proprio vissuto.

Buona lettura!

Lo storytelling, esempio di un nuovo modo di comunicare a partire dall'esperienza del paziente

venerdì 9 maggio 2014

A volte non abito qui, parole per raccontare l'epilessia

In questo mio articolo flash a risosso della Pasqua e dei successivi ponti avevo scritto un primo articolo A volte non abito qui, parole per raccontare l'epilessia di cui era protagonista uno splendido esempio di iniziativa di Medicina Narrativa che ha trovato il suo culmine nella pubblicazione di cui l'articolo porta il nome.

Un concorso letterario attraverso il quale pazienti, medici e persone che si devono relazionare con questa malatti si raccontano è stata una bella idea e credo anche una occasione di riscoperta di sé per chi vi ha partecipato.

Pochi giorni fa si è celebrata a Torino, la mia città, la giornata nazionale contro l'Epilessia a cui ho partecipato riuscendo ad acquistare anche il libro e potendo chiudere con un pezzo dal titolo Parole per fare luce sull'Epilessia il cerchio di informazione su un argomento a me molto caro visto che lo vivo sulla mia stessa pelle seppure in maniera molto tranquilla e tenuta a bada dalle medicine in modo molto più che accettabile.

A presto

Fuzzy Project

domenica 13 aprile 2014

un nuovo capitolo nella storia del Blog di FuzzyProject....

Cari lettori,
che siate amici, frequentatori, passanti occasionali su questo angolo di web o altra tipologia di persone non fa molta differenza perché sino ad ora non mi ero mai impegnato a sufficienza. Questa, infatti, è la prima volta in cui scrivo un post per dire qualcosa in modo diretto, senza usare alcun escamotage.
Sinceramente non è qualcosa di cui andare fiero visto che il Blog l'ho aperto oramai da un bel po', ma come si dice in questi casi...meglio tardi che mai!!

Per farla breve questo post vuole essere un segno di discontinuità verso un nuovo modo di intendere questo tipo di pagine che non possono essere una vetrina statica, ma hanno bisogno di esser alimentate per non rimanere nell'oblio o ricaderci presto.
Questa è una lezione severa che sto imparando da neofita della comunicazione che nel giro di quasi due anni è uscito allo scoperto abbandonando al vita di topo da laboratorio di ricerca per rimettersi in gioco in un mondo dove le cose da imparare non finiscono mai e i tempi sono molto veloci.

La sfida mi piace molto e ne ho accettato molto volentieri il guanto sino ad arrivare a questo preciso momento in cui ho deciso di iniziare un nuovo viaggio in cui vi condurrò attraverso questo interessante mondo in cui la narrazione, il racconto, insomma, la parola la fanno da padroni.
Bravo lui....ha scoperto l'acqua calda....
Purtroppo, è proprio sul confine tra prendere questa riflessione come concetto ovvio piuttosto che farne un oggetto di riflessione che ruota la questione.
Non sono solo i cardini per rendere vincente un progetto comunicativo, ma anche la base con cui l'uomo si relaziona con il mondo e i suoi simili, esternando le proprie paure e le proprie emozioni.
In questo modo si aprono orizzonti interessanti anche a livello di tutto ciò che riguarda la nostra salute a prescindere dalla presenza di un reale stato di malattia.
Attraverso la narrazione si possono migliorare molti aspetti in quanto si ritorna a prestare attenzione a noi stessi dando un volto a ciò che il corpo vive e manifesta senza che noi ce ne rendiamo conto. Nello stesso tempo, è un tipo di lavoro in cui ci si riappropria del piacere di ascoltare l'altro.

Insieme ai vecchi post che vi aiuteranno ad avere un'idea di quello che faccio e degli argomenti che tratto/tratterò ho inserito dei contenuti nuovi e strumenti di interazione.
Se un argomento vi piace, desiderate saperne di più, non ne parlo abbastanza oppure vi sembra inerente e io non ne ho ancora parlato non esitate a contattarmi attraverso il modulo presente sulla barra di destra!

A presto,

FuzzyProject

martedì 18 marzo 2014

Articolo su Brainfactor.it - Medicina Narrativa

Qui di seguito il link al mio primo articolo su Brainfactor.it!



E' stato un onore ed un emozione scrivere questo pezzo in quanto mi sono dovuto cimentare con un tema a me molto caro sia come professionista della comunicazione sia come alfiere dell'utilizzo dello strumento narrativo in campo salute. In più ho un passato da ricercatore e mi sono occupato per anni di neuroscienze, ad una sintesi intellettuale migliore non potevo ambire!



Quale esempio pratico ho citato il libro "Il caso di G.L." dal momento che tratta di una storia molto delicata in cui il protagonista soffre di depressione e altri disturbi dell'umore rivelando quanto potente sia la scrittura per alleviare la sofferenza e per comunicarla al proprio esterno.



Spero che l'articolo aiuti a comprendere di più cosa sia la Medicina Narrativa e come lavora. Se poi vi verrà voglia di leggere anche il libro che ho in un certo senso "recensito" porterò a casa due risultati in uno.



Buona lettura!



Andrea Robotti



http://brainfactor.it/index.php?option=com_content&view=article&id=946:la-medicina-narrativa&catid=4:fenomenologia&Itemid=3&utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed: brainfactor/official (BRAINFACTOR - Official Site)