Essere coscienti
di cosa significhi essere in salute, così come l’importanza di prendercene cura,
sono due aspetti che diamo spesso per scontati, sino a quando non succede
qualcosa di importante che fa saltare l’equilibrio su cui si basava la nostra
vita.
Non importa se la
ragione siano patologie croniche, stati di disabilità o eventi fatali, ma la
cosa certa è che l’orizzonte che abbiamo davanti diventa in modo improvviso
enormemente confuso e l’insieme di gesti di cui era fatta la nostra quotidianità
non esiste più.
Questa è la dura
realtà con cui Lorenzo, protagonista di “Tu non tacere”, ultimo romanzo di
Fulvio Ervas (2015, Marcos y Marcos Editore) e la sua famiglia, si trovano a
dover affrontare.
A rendere ancora
più difficile l’intero quadro vi sono due elementi: il ragazzo è al quinto anno
di medicina e per quattro lunghi anni ha assistito al calvario di suo padre
rimasto paralizzato in seguito ad un incidente d’auto causato da un pirata
della strada.
Per queste ragioni vive un profondo conflitto ed è tormentato dal dubbio
che questa disabilità possa essere ricondotta alle modalità con cui suo papà è stato accolto in
pronto soccorso.
Per fortuna,
al fianco di Lorenzo c’è il suo professore di scienze del liceo.
Tra i due c’è
un legame di forte complicità e una visione ideale della cura in cui s’intrecciano
la visione del docente secondo cui la conoscenza del proprio corpo è
fondamentale (quasi un salvavita) e quella del ragazzo che cerca di capire la Sanità tra le sue sfumature e i suoi
chiaroscuri di cui, però, lui sta cominciando a percepire entità solo ora.
Questo sodalizio
permetterà a Lorenzo di percorrere il lungo e difficile viaggio interiore che lo
porterà a decidere di fare chiarezza sulla vicenda del padre, per poi evolvere
in un finale in cui chi aveva cercato di guardare le cose più o meno dall’esterno,
finisce per esserne prima coinvolto e poi per provare le stesse difficoltà/emozioni
sulla propria pelle.
Lo scorso venerdì,
28 marzo 2015, ho avuto il grande piacere di partecipare alla presentazione del
libro presso la Libreria Therese di Torino, insieme all’autore e alla
Dottoressa Rossana Becarelli, medico e attuale Direttrice Sanitaria dell’Ospedale
San Giovanni Antica Sede di Torino.
Conoscere e dialogare
con Ervas è stato intenso e coinvolgente tanto che un’ora e mezza di presentazione
sono volate via senza che ce ne accorgessimo. Il pubblico presente è rimasto
molto coinvolto ed è intervenuto più che con domande, con il desiderio di portare
la propria esperienza di cittadino o paziente che si relaziona con coloro che
si devono prendere cura di lui.
In questo video ho
montato alcuni momenti della serata con le considerazioni dell’autore sulle
motivazioni che l’hanno spinto a scrivere questo romanzo e sui temi che tratta.
Vi lascio questa citazione in cui Ervas narra il pensiero del professore:
"Certo, l'apprensione ti viene, e m'è venuta, quando una persona cara è in ospedale ti assale una paura che ti rigira come un calzino, perché sei di fronte a uno dei tanti tipi di fragilità e trattieni il respiro, perché il ghiaccio su cui cammini è per un tratto più sottile e ti fa intravvedere sotto le profonfità.
Poi lo scivolone ti passa, lasci perdere, dimentichi, sospiri.
Eppure le parole di quell'uomo, così nette, mi hanno fatto pensare.
I medici paragonati a dei meccanici, semplici aggiusta lavatrici, con lo stesso tono di voce: non bisogna pagare la parcella se ti hanno fatto saltare la luce!
Com'è possibile? Dove se lo sono giocato, i dottori, l'alone di sacralità, con che cosa hanno lavato il camice bianco perché si restringesse in questo modo?
Nei decenni passati, ci si preparava per andare dal dottore.[...]Un tempo, nell'ambulatorio si chiacchierava, magari sottovoce, ma ci si parlava. E anche il dottore ne aveva di belle da raccontare. [...] Ci guardavamo e lo sguardo diceva: Eh, sono qui, ma me la cavo. Adesso non ci guardiamo ed è come se dicessimo:Chissà se me la cavo."
il mio è un invito a
leggere il libro e a fare le vostre riflessioni su quanta attenzione avete per
il vostro corpo, su quella che potrebbe essere la vostra reazione nel caso in
cui vi trovaste in una situazione che mettesse a dura prova la vostra esistenza
e, quindi, su quanto sia opportuno spingersi in là per ottenere determinate
risposte.
Ne vale veramente
la pena?
Sono queste scelte in grado di restituirci ciò che non abbiamo più? E
a che prezzo?
Sarò felice di
leggervi nei commenti!
A presto,
Andrea